Editoriale
Mariella Baldassarre
Il congresso della SIGENP si è svolto quest’anno a Roma, e, personalmente, l’ho trovato qualitativamente ottimo. La relazione più straordinaria che ho ascoltato è stata quella tenuta da Ziv Zmora, che lavora al prestigioso Weizmann Institute di Rehovot, in Israele (http://www.weizmann.ac.il/immunology/elinav/). Zmora ha condotto, insieme al suo gruppo di ricerca, uno studio su 900 soggetti adulti sull’impiego alimentare di zuccheri e sulla tendenza a sviluppare obesità e diabete: ha evidenziato che ogni persona ha una reazione individuale ai cibi consumati e che ciò che è salutare per qualcuno potrebbe non esserlo per qualcun altro. Si è trattato di uno studio molto complesso, che ha previsto l’impianto di un microchip sottocutaneo per la valutazione della glicemia, valutazioni metabolomiche e del microbiota fecale, indagini genetiche. Ciò che i ricercatori hanno dimostrato è che non sembrerebbe pertanto esserci una relazione diretta tra quantità e qualità di zuccheri assunti ed effetti sulla salute. Si rendono perciò necessarie regole di comportamento alimentare personalizzate. I ricercatori israeliani hanno sviluppato un algoritmo che, in base alle caratteristiche fisiologiche dei singoli individui, è in grado di formulare regole alimentari individuali. L’applicazione di questo algoritmo non è al momento alla portata del “comune cittadino”, perché la sua applicazione ha dei costi molto elevati, ma questa è la direzione nella quale si sta andando. Da un punto di vista pratico, le conclusioni della ricerca hanno smentito tanti luoghi comuni riguardanti le nostre abitudini alimentari, che spesso si traducono in allarmi, talora infondati, sull’uso di alimenti come zuccheri, grassi e proteine, che a fasi alterne vengono messi all’indice e altrettanto rapidamente riabilitati. Tali conclusioni sono anche in controtendenza rispetto ai sistemi di “etichettatura” della salubrità dei cibi sulla base di una segnaletica stradale (rosso – da evitare, giallo – attenzione, consumare con moderazione, verde – si può assumere liberamente), molto in voga in Gran Bretagna ma considerati fuorvianti dalle autorità europee (ah, la Brexit …). Uno studio di Nomisma Agroalimentare (team di esperti specializzato nell’analisi economica e nella consulenza strategica in ambito agroalimentare) ha rivelato che l’impiego “tou-court” della segnaletica alimentare adottato in Gran Bretagna ha portato ad un calo di prodotti alimentari “doc” come il Parmigiano Reggiano, dopo essere stato segnalato nella grande distribuzione con l’etichetta rossa. Pertanto l’invito è ad attuare un sistema di regole alimentari personalizzate attraverso cui poter raggiungere a livello sociale miglioramenti nella qualità di vita e nella salute. Nell’attesa che ognuno di noi possa capire ciò che è meglio mangiare, vi auguro buona lettura di questo numero del Giornale, come sempre ricco di spunti interessanti, e buona vita !